Creolizzazione e tenerezza


Lo sguardo clinico è per natura plurilinguistico: osserva i sistemi di convinzioni, le abitudini radicate, le storie di vita, gli imprevisti, gli atti linguistici e le verità particolari che compongono ogni realtà. Richiamandoci alla Gestione Coordinata di Significati (Pearce, 1993/2013), formiamo le allieve e gli allievi a una prospettiva di comprensione pluralizzata.

Creolizzare in terapia significa trasformare un sistema patologico bloccato in un sistema capace di divenire altro da sé.

Il lavoro clinico richiede intensità e orizzontalità. L'intensità emerge dove la conversazione terapeutica accoglie rispetto e curiosità; il significato nasce dalle significazioni del paziente, mentre il terapeuta introduce perturbazioni, non istruzioni. Ogni seduta diventa così una nuova esperienza di creolizzazione.

L'ibridazione terapeutica si dà quando il contesto assume la qualità della tenerezza. Come afferma Shakespeare, "la grazia tempera la giustizia". Il ruolo del terapeuta – medico o psicologo – è produrre tenerezza attraverso l'ospitalità, distinguendosi dalla funzione giudicante. L'ospitalità include la difesa dei diritti e l'inclusione, ma anche l'aiuto a chi esercita violenza e crudeltà. Nelle carceri, il terapeuta ascolta i soggetti con disturbi antisociali, narcisismi o isterie maligne, sadismi e forme mortifere di godimento, trasformando il fascino del male in fascino del bene.

Perché questo avvenga non servono miracoli – spesso pericolosi –, ma la consapevolezza che il bene si costruisce nei dettagli, nei "minuti particolari", come scrive William Blake La guarigione, in senso assoluto, forse è irraggiungibile; esistono invece trasformazioni singolari generate dalla relazione tenera e dall'incontro clinico che possono farre la differenza.