Culture formative

Molti mondi sociali contemporanei si presentano nei termini di gruppi identitari: culture di appartenenza, spesso autocentrate, che definiscono "chi siamo e come pensiamo" senza confronto con l'alterità. Sono il riflesso di posizioni etnocentriche dei sistemi che le propongono e riemergono con una certa arroganza nei singoli professionisti, spesso impermeabili all'altro e alla relazione con l'alterità, spesso anche con l'alterità professionale, trincerandosi dietro una supposta scienza dell'evidenza che sembra più una
religione fondamentalista che un approccio critico alla realtà. Sul piano formativo ciò significa che non è sufficiente accumulare conoscenze sommandole via via alle proprie, è piuttosto necessario accostarsi alla crescita professionale acquisendo competenze epistemologiche e metodologiche, in chiave complementare, senza rinunciare a un approccio specifico, anzi facendo di questo approccio un luogo di incontro. La formazione che proponiamo può essere considerata come "il tentativo di oltrepassare i confini di ogni singolo approccio per comprendere cosa può essere appreso da altre prospettive", il complementarismo (Devereux, 2014), in tal senso, permette di coordinare più campi, senza che l'uno escluda l'altro. Questa analogia e altri spunti estraibili dall'ottica transculturale sono elementi non scontati, che possono aiutare la creazione di collaborazioni fra professionisti della complessità. La nostra formazione va intesa come desiderio di andare incontro a nuovi saperi, diverse realtà singolari, eventi inattesi. Conoscenze vitali, spendibili umanamente e nella professione, per acquisire lo sguardo dei dettagli, dei minuti particolari che permette di
osservare la realtà globale sotto profili nuove e diversi, fatta di attese, nuovi conflitti, responsabilità particolari alla luce di diritti universali, di scelte impossibili e di nuovi contesti sempre più complessi e transculturali.